06.11.2003
Vanity Fair n. 2003
Tuo figlio a scuola a cinque anni? Perfetto, se sei pronta tu
Cara Mina,ero contenta, quando ho saputo della riforma Moratti. Perché ho un figlio più grande, nato gli ultimi giorni di dicembre, che per legge, obbligatoriamente, ha dovuto iniziare la prima elementare a sei anni non ancora compiuti. Il fratellino, nato qualche anno più tardi ai primi di gennaio, per pochi giorni si vedeva costretto a perdere un anno. Poi è arrivata la riforma, che permetteva ai genitori dei bambini nati in gennaio e febbraio di scegliere se mandarli a scuola a cinque anni e mezzo, o se rimandare l’appuntamento di un anno. Perfetto, pensavo. Pensavo: perché quando ne ho parlato in giro mi sono sentita bollare come snaturata dalle altre mamme (“Lascialo giocare ancora un po’”) e, soprattutto, dalle maestre della scuola elementare che, per inciso, non lo conoscono (“Spingere un bambino può danneggiare il suo sviluppo”). Premetto che il mio secondogenito non ha nulla da invidiare al fratello maggiore, che non ha mai avuto problemi anche se era il più piccolo della classe. Possibile che un bambino nato il 31 dicembre sia obbligato per legge ad andare a scuola a cinque anni, e uno nato il giorno dopo, se lo fa, è figlio di una madre mostruosa? Non è, piuttosto, che la scuola elementare si ribella di fronte alle difficoltà logistiche di una riforma che non ho certo deciso io?Roberta P., Melfi
Non credo. Non lo credo, perché con l’attuale calo demografico le scuole hanno tutto l’interesse ad avere più bambini iscritti. Si sa che ormai si organizzano feste per le famiglie, per attirare quelli che, con orribile termine, vengono chiamati “utenti”. Anche la scuola viene gestita con criteri più simili ad una campagna pubblicitaria.
Suppongo piuttosto che tutti i bastoni tra le ruote, che le altre mamme e le maestre cercano di metterti, dipendano da un antico, inestirpabile vezzo italico. Siamo un popolo fatto di gente che non si fa mai gli affari propri, neppure sotto la minaccia delle armi. Addirittura si vuole interferire anche nell’educazione del figlio o semplicemente nella scelta dell’età per iniziare ad andare a scuola.
Da questo punto di vista, una legge che consente ai genitori di scegliere non può che essere valutata positivamente. Per lo meno per questo aspetto. Ma, se mi permetti, ricordati sempre che non è con le leggi, nemmeno con quelle scolastiche, che si cambia la realtà.
Il figlio è tuo. E se deciderai di mandarlo a scuola a cinque anni e otto mesi, vuol dire che sarà tuo compito avere a cuore il suo inserimento in classe e che dovrai seguirlo con tutto l’amore e l’intelligenza che una madre sa avere. Quell’amore che né le altre mamme, né le maestre, né una legge possono avere.
Solo l’amore (non la pazienza) merita l’amore
Cara Mina,aiutami a dire grazie alla persona che amo. Il compagno con cui, da 30 anni, ho una convivenza piena di attenzioni, complicità e amicizia. Siamo, come si dice, un’anima e un corpo. Da un anno mia madre, per ragioni di salute e di età, è venuta ad abitare con noi, sconvolgendo le nostre abitudini. Ci troviamo, la sera, a guardare gli orrendi programmi televisivi che piacciono a lei. Andiamo a letto presto per non disturbarla. La nostra casa, in passato sempre piena di amici, si è vuotata. E così sono cambiate tante cose. Giuro che ho avuto, e ho, paura. Paura che lui si stanchi. Ma ogni giorno lo vedo sorridente, e premuroso verso mia madre. Mi piacerebbe il tuo aiuto per dirgli grazie. Grazie per la pazienza e l’amore che ha mostrato a chi gli vuole bene.Michele
La pazienza non c’entra con l’amore, caro Michele. Quindi devi scegliere per che cosa ringraziare il tuo compagno. Anche a lui conviene saperlo. La ricompensa per la pazienza è una semplice e banale compassione. La ricompensa per l’amore è l’amore. Penso che la seconda ipotesi sia la più esaltante. Diventerebbe il viatico per altri vostri 30 anni di convivenza felice. Auguri.
L’essere umano non è un animale fedele
Cara Mina,io, il tradimento, l’ho subìto. Appena scoperto, ho chiuso tutto e ho mandato all’aria un matrimonio in cui avevo creduto e investito. Dopo sette anni sono ancora sola, sebbene gli ammiratori (soprattutto sposati) non mi manchino. Ma non mi interessano perché io sono tradizionalista e moralmente severa.Raramente mi infilo in storie impossibili. È successo, però, l’anno scorso con un mio coetaneo, che reputavo un uomo perfetto e che vive “solo” a 700 km da me. Distanza che non mi ha permesso di aiutarlo come avrei voluto a superare il trauma della morte di sua moglie, e che mi ha impedito di rubarlo alle attenzioni di una sua collega che vive nella sua stessa città.Pensavo di essermi “curata” da questo splendido e purtroppo non corrisposto innamoramento. Fino a poco tempo fa, quando ci siamo rivisti e ho constatato di non essergli indifferente, almeno dal punto di vista fisico. Ma ho represso il mio desiderio perché non riuscivo a non pensare all’altra persona. Mi devo proprio arrendere all’evidenza che l’uomo non è un animale monogamo, che tutti tradiscono, che sono una “terrona” possessiva e che resterò sola sulla mia torre d’avorio, a osservare lo sfacelo dei rapporti intorno a me? Ti prego, dimmi che non sono una mosca bianca.Anto.
Cara Anto ... nella, credo, ebbene sì. Ti devi arrendere. Hai ragione. Tutti tradiscono tutti. E non ce l’avevano insegnato. Balle, l’amore eterno. Balle giurare “di esservi sempre fedeli fino a che morte non vi separi”. Non conosco nessuna coppia che non abbia o abbia avuto problemi di questo tipo. Proprio nessuno. E questo potrebbe valere anche per te. Non chiamarti fuori, perché, prima o poi, potresti deluderti.
Siamo tutti delle povere cose senza dignità e con troppa indulgenza e comprensione solo verso noi stessi. Rassegniamoci.
Rispetta chi ritieni inferiore e ricorda che c’è sempre qualcuno più grande di te
Cara Mina, ho 25 anni e confesso di essere uno snob. Sembra strano ma è vero: soffro di un enorme complesso di superiorità. Mi ritengo una persona intelligente e mi innervosiscono le persone che si appassionano al “Grande fratello”, guardano i programmi della D’Eusanio, non leggono mai.Finirò per frequentare un circolo di barbosi, tristi intellettuali? L’idea non mi alletta, ma come si fa a vivere in questo mondo senza perdere le staffe di fronte agli amici che considerano la Arcuri una grande attrice e ascoltano “Chihuahua” cinquanta volte al giorno?Penso ai versi di quella tua canzone così bella, “L’irriducibile”, dove dici che ti piacerebbe vivere la vita come la vivono gli altri. Ogni tanto me lo chiedo anch’io. Che senso ha il mio atteggiamento di disgusto verso la politica, la tv, gli esibizionisti senza talento che ci circondano? Non sarebbe meglio adeguarsi agli altri, che considero un branco di deficienti?Non voglio integrarmi fino a indossare una maglietta con scritto “Saranno famosi”, ma se non mi ammorbidisco finirò per diventare un eremita. Esiste una sana via di mezzo? Si può vivere in questo mondo senza lasciarsi contaminare?Giuseppe, Bergamo
Coltiva pure il tuo complesso. Ma credo che lo spartiacque tra intelligenti e ignoranti non stia affatto nell’integrazione o nel conformismo. In questi tempi, tutto ci invita e talvolta ci vuole obbligare a schierarci da una parte o dall’altra di un colore, di una opinione, di una ideologia, di un gusto. Mi sembra che proprio l’appartenenza pregiudiziale e soprattutto l’esibizione di appartenenza siano i segni del peggio.
Guarda la trasmissione televisiva che vuoi, ascolta la canzone che puoi, vivi ciò che ti capita. E interrogati pure sul fatto di aver provato schifo o piacere. E afferma il tuo gusto, difendilo se è necessario. E fregatene degli altri. Qualunque sia la nostra dimensione, ricordati, nel mondo c’è sempre qualcuno più piccolo e qualcuno più grande di noi.
Rassegnati al fatto che questa inevitabile legge non scritta ti potrebbe perseguitare anche se tu diventassi eremita. E per rincarare la dose, ricorda anche, e non perché lo dico io, che piccoli e grandi meritano lo stesso identico, inesorabile, umano, naturale, biologico, fisiologico rispetto.