09.10.2003

Vanity Fair n. 2003

Quando un libro non porta tracce di te non è veramente tuo.

Cara Mina,sono alto, di bell’aspetto, ho uno stipendio buono e sono un cleptomane di libri. Non di quelli che vanno in libreria e non resistono alla tentazione di infilare un volume nello zaino e di uscire senza pagare. Io mi limito a trattenere i libri degli amici. Ogni volta mi dico che sarà diverso, che restituirò il libro preso in prestito. Ma poi succede che lo sistemo nello scaffale in attesa di leggerlo, o subito dopo averlo finito, e dopo qualche settimana mi sembra che quello sia il suo posto, l’unico possibile. Sorvolo sui rapporti rovinati da questa “malattia” (in realtà, non credo sia tale). Domando solo: posso uscirne in qualche modo? Evitando gli strizzacervelli (ai quali non credo).Lenny N., Carate

Non capisco, Lenny. A me farebbero un po’ schifino i libri passati per altre mani, respirati da altre bocche, quelli che hanno già concesso la loro anima, la loro sostanza ad un altro. Ma io sono una maniaca. Quando apro un libro, deve essere nuovo. Devo poter apprezzare il profumo della carta, sentire quasi l’odore dei caratteri a stampa. Vuoi mettere l’emozione di aprire un libro nuovo col suo nobile fruscio di pagine intonse, dove puoi quasi ascoltare la granulosità e la voce della carta vergine? E se riprendo, come faccio spesso, un libro che ho già amato voglio poter ritrovare i segni che ho lasciato. Come a voler ritrovare un pezzo di me in un libro che è già stato mio e col quale ho avuto un rapporto di reciproco scambio. Di questo rapporto parlava l’immenso Borges in una poesia che ha la leggerezza di tutte le grandi e sublimi verità: “ I miei libri (che ignorano che esisto) / sono parte di me come il mio viso / di tempie grigie e di grigi occhi / che vanamente cerco negli specchi / e che percorro con la mano concava. / Non senza qualche logica amarezza / suppongo che le parole essenziali / che mi esprimono stanno in quelle pagine / che mi ignorano, non in ciò che ho scritto. Meglio così. Le voci dei morti / mi diranno per sempre”. Un libro, per essere degno di stare tra i tuoi scaffali, deve essere tuo. Devi averlo scelto, deve essere anche il frutto di un tuo piccolo sacrificio, magari. Devi averlo preferito, anche dal punto di vista economico, che so, a un film, ad una cena in pizzeria, a un aperitivo con gli amici. Non mi pare che ci sia bisogno di strizzacervelli. Nel tuo caso può bastare l’amore per i libri, che certamente hai. Al quale devi aggiungere, però, anche un po’ di piacere di un possesso vero, senza rimorsi.

Tradiscilo pure se ne hai lo stomaco: ma glielo devi dire.

Cara Mina,ho 42 anni portati benissimo, due figlie meravigliose e un marito d’oro in senso letterale: buono, ricco, il che non guasta, e non brillantissimo. Ma almeno mi ama, mi venera: c’è a Natale, a Pasqua, a San Valentino, per le vacanze in barca e per quelle sulla neve con gli amici più cari e più simpatici. Mi dà stabilità, e pochi come lui potrebbero sopportare un ménage con una trottola come me, sempre in giro per lavoro. Mi rassicura sapere che c’è in qualunque momento. Da un paio d’anni, però, ho riscoperto il piacere di piacere agli uomini. Me ne sono concessi diversi, soprattutto ragazzi più giovani, che nemmeno si accorgono di quei dieci anni in più. Per me è un gioco, che ogni volta mi permette di tornare da mio marito, nel nostro porto sicuro, innamorata come prima e più leggera. Da un po’, però, le mie amiche mi rimproverano di essere ipocrita e irresponsabile. Secondo loro, dovrei riconoscere di non amare più mio marito o almeno tormentarmi con quei sensi di colpa che neanche mi sfiorano. Ma perché, se non faccio male a nessuno, neanche a me stessa? Che senso avrebbe tutta questa autocritica?Laura B., Parma

Non mi piacciono i traditori. Mi sta benissimo se ti “concedi” tutti gli uomini che vuoi, ma devi dirlo a tuo marito. È una semplice questione di correttezza, lui deve sapere con chi ha a che fare, chi gli gira in casa. E non mi dire che sei innamorata di lui. Chi ama non tradisce.

Anche Berlusconi può scatenare una crisi di coppia.

Cara Mina,sto con un uomo che sento di amare tantissimo: è sensibile, ama leggere come me, è affettuoso, insieme abbiamo anche la passione per i viaggi. Ma ha un difetto: le sue opinioni politiche sono l’esatto opposto di quelle mie e dei miei amici. E questo mi turba. Anche perché nelle discussioni sui fatti del giorno, dall’Iraq a Berlusconi, finiamo spesso per prendere posizioni così contrastanti che alla lunga potrebbero farci litigare in modo pesante. Senza contare che i miei amici hanno cominciato a essere freddini con lui. Non posso certo rinunciare a parlare con lui di cose serie, o a uscire in compagnia. Possibile che bastino le divergenze di opinione a condannare una relazione?Giovanna R., Viareggio

Non mi hai detto, cara Giovanna, chi di voi due è a destra e chi è a sinistra. Ma la cosa non ha assolutamente importanza. Se lui fosse al centro e tu invece sopra, sotto o di traverso, sarebbe lo stesso. Ciò che emerge, piuttosto, è che Berlusconi divide le coppie e le famiglie. Così come divide l’Italia intera in un tifo che potrebbe avere eguali solo nella contrapposizione fisica e quasi metafisica tra interisti e juventini. Berlusconi ha fatto emergere una violenta dicotomia nazionale, come Coppi e Bartali. Conosco famiglie attraversate da questa dicotomia, che ha un sapore quasi ontologico: pro-Berlusconi o contro-Berlusconi. E si tratta di una linea netta di demarcazione, che non ammette sfumature. Dell’Iraq non parliamone. Anche se sembrerebbe impossibile avere pareri diversi, so di famiglie in cui la moglie aveva appeso al balcone la bandiera arcobaleno della pace e il marito, per non essere da meno, esponeva dalla finestra del bagno la bandiera a stelle e strisce. Non so che dirti, cara Giovanna. Non ricordo chi ha detto: “L’uomo saggio impara molte cose dai suoi nemici”. Senza però abbassarsi ad essere come loro, spero.

Se la ex moglie è una iena può pensarci solo lui.

Cara Mina,da cinque anni convivo con Andrea, un 45enne divorziato con due figlie di 10 e 12 anni avute dal precedente matrimonio. Potrei considerarmi dignitosamente felice se non fosse per un certo atteggiamento dell’ex moglie del mio compagno che mi ha causato l’ulcera (non è una metafora, è una malattia). Con la motivazione di comunicazioni urgenti e non relative alle figlie, l’arpia chiama a qualunque ora del giorno e della notte. E, se rispondo io, interloquisce con me come se fossi la cameriera nera di un vecchio film americano. Finora ho stretto i denti, ma sento che sto per cedere. Cerco una civile via di fuga, prima della catastrofe.Claudia F., Genova

Andrea, Andrea è la chiave. È lui che deve risolvere questo problema e toglierti da questo disagio. È lui che deve mettere dei paletti ben precisi alla sua ex moglie. È lui che, perdonami, avrebbe già dovuto pensarci da solo e da molto tempo. Tu, intanto, rispondi alla scortese signora dicendo: “Brondo, chi essere? No, buana non in casa”. Comunque non fare come una persona di mia conoscenza che, trovandosi nella stessa tua situazione, ha aspettato la “controparte” sottocasa e le ha sbattuto sulla faccia un’edizione rilegata e pesantissima del “Galateo” procurandole danni serî, dato che la rozza signora aveva appena fatto un lifting. Dai, non si fa. Si rischia anche una denuncia penale, no, non si fa ... Però, che soddisfazione!

Quarant’anni dopo si guarda ancora di che colore è ... chi viene a cena.

Cara Mina, mia figlia si è innamorata di un ragazzo senegalese. Lui è molto gentile, simpatico, la adora, ha un buon lavoro e sono certa che farà il possibile per renderla felice. Ma io non mi sento serena. Perché mi trovo a desiderare per lei un futuro normale, senza i probabili figli dalla pelle più scura che - inutile nascondercelo - potrebbero darle problemi nella vita. Devo tacere questi miei dubbi che non mi fanno dormire? O mi esprimo, a rischio di sembrare la razzista che ho sempre pensato di non essere?Carla P., Novara

Meglio di me, cara Carla, parla un film di una quarantina d’anni fa che diventa “de plus en plus” attuale. Riguardatelo. Si intitola: “Indovina chi viene a cena”.

16.10.2003

Vanity Fair n. 2003

Ho un grande difetto: sono americana. / Gli dico che ha scelto la donna sbagliata? / Questione di etichetta. / Solo i miei genitori o anche i loro nuovi partner? / Sono la bestia nera dei potenziali suoceri. / Il fratello della mia ragazza.Leggi tutto

23.10.2003

Vanity Fair n. 2003

Non devastare più il tuo ex trattandolo come uno zerbino / Un padre spione come te farebbe meglio a buttarsi nel fiume / Tuo figlio e tuo fratello cresceranno insieme: è pura gioia, non dolore / Le fatiche di mamma si dimenticano. Il sorriso si ricorda / Meglio un onesto e sincero impiegato di un futuro avvocato mai esistitoLeggi tutto
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